Mentre la ricerca teologica è all'altezza della cultura moderna, la fede del nostro popolo sostenuta dalla predicazione ordinaria della omiletica domenicale è ancora fissa allo schema tradizionale tra mito e dogmatismo, senza un minimo di senso critico. Perciò accade che tanti abbandonino la pratica della fede con un senso di sdegnosa superiorità, come di fronte a un residuo di medioevo. Il testo vuol dimostrare che è possibile assumere un senso critico della tradizione storica in funzione di un ripensamento con le nuove categorie, tanto da poter essere fedeli a Cristo e al nostro tempo in piena libertà. Nel cristianesimo di Dio, fatto carne come la nostra, si può parlare solo con il nostro linguaggio. A lui non si addice il tono trionfale della sacralità inaccessibile e della maestà che si colloca "nell'alto dei cieli" come continuamente risuonano le volte delle nostre chiese. D'altra parte non è vero che il testo biblico si perda nel mito e nella barbarie, invece può essere letto con i nuovi strumenti di critica e rivelare orizzonti insospettati aperti al dibattito sulla modernità.